13 Nov Visconti e il crepuscolo della borghesia
Posted at 10:36h
in Cinema

È il 1974 quando Luchino Visconti, provato dalla malattia ma ancora straordinariamente lucido, firma “Gruppo di famiglia in un interno”: un film che, con la sua eleganza crepuscolare, riflette i profondi mutamenti sociali e culturali dell’Italia di quegli anni. Le utopie del decennio precedente si erano ormai dissolte: il sogno del Sessantotto si era trasformato in conflitto generazionale, le piazze si accendevano di tensioni, la politica si irrigidiva nei propri dogmi e la violenza sembrava divenuta l’unico linguaggio possibile del cambiamento. La #cultura borghese, per lungo tempo custode di valori e modelli, appariva improvvisamente fragile e smarrita, incapace di riconoscersi in un mondo e in un Paese che mutavano rapidamente.
Al centro della storia c’è un anziano professore americano – un indimenticabile Burt Lancaster – che vive in una raffinata solitudine nella sua dimora romana, circondato da libri, quadri e memorie di un mondo ormai scomparso. La sua esistenza ordinata viene turbata quando affitta l’appartamento al piano superiore alla marchesa Bianca Brumonti (Silvana Mangano). Con lei arrivano la figlia Lietta, il compagno Stefano e l’affascinante Konrad (Helmut Berger), ex sessantottino dal passato politico inquieto e ora amante della marchesa. L’ingresso di questo gruppo disinvolto e rumoroso sconvolge la quiete del professore, costringendolo a confrontarsi con ciò che ha sempre tenuto a distanza. Visconti trasforma così l’appartamento borghese in un teatro di contrasti: tra generazioni, tra Mozart e Iva Zanicchi, tra cultura e consumo. Ogni stanza diventa #metafora di un mondo che si incrina, mentre il dialogo tra passato e presente si fa sempre più fragile e doloroso.
In questo incontro-scontro di epoche e sensibilità, il professore diventa il simbolo di una civiltà colta ed elegante, profondamente legata al proprio passato ma incapace di trovare un linguaggio comune con le future generazioni. Al tempo stesso, “Gruppo di famiglia in un interno” – disponibile su Rai Play – non celebra il Sessantotto, ma ne mostra il rovescio: il vuoto lasciato dagli #ideali infranti, la fatica di costruire un nuovo ordine, la malinconia di chi assiste al tramonto della propria cultura. Con questo film, Visconti racconta non solo la fine di un’epoca, ma il dolore universale di chi vede il proprio tempo scivolare via. Tra memoria, disincanto e la struggente consapevolezza che ogni bellezza, prima o poi, è destinata a svanire.