“Fantozzi” e il grottesco della normalità

 

 

 

Non era un eroe, non era un vincente, non aveva carisma né fortuna. Eppure, nel 1975, quando apparve sullo schermo per la prima volta nel film diretto da Luciano Salce, Ugo Fantozzi conquistò tutti. Quel film, “Fantozzi”, fu il primo di una lunga serie che avrebbe accompagnato l’Italia per anni, raccontando con ironia e malinconia la vita dell’uomo medio. Paolo Villaggio, che lo interpretava con geniale intensità, diede vita a un personaggio capace di far ridere e commuovere, con le sue frustrazioni, le sue umiliazioni e la sua disperata voglia di #dignità.
L’Italia di quel periodo era un Paese in bilico tra paure e speranze. Gli anni di piombo e la strategia della tensione avevano incrinato la fiducia nel futuro, la crisi petrolifera aveva messo fine ai sogni di progresso illimitato, costringendo a fare i conti con le contraddizioni della #modernità. Con i suoi mutandoni ascellari, il “tragico spigato siberiano” e un’esistenza fatta di disastri quotidiani, umiliazioni e goffi tentativi di riscatto, Fantozzi è la personificazione della classe media impiegatizia dell’epoca, un ragioniere come tanti schiacciato dalla burocrazia e dai superiori della “Megaditta” dove passa le sue giornate. Un microcosmo tragicomico popolato da “mega presidenti galattici” e poltrone di pelle umana, in cui si usa un improbabile lessico fatto di “venghi” e “vadi”. E accanto a lui si muove un universo che è una perfetta miniatura dell’Italia di quegli anni. La moglie Pina, devota e rassegnata, la figlia Mariangela, mostruosa ma tenera, la Signorina Silvani, sogno erotico e simbolo di un desiderio inarrivabile.
Cinquanta anni dopo, Fantozzi resta molto più di un semplice personaggio comico: è lo specchio dell’Italia e dell’uomo comune, delle piccole battaglie quotidiane, delle frustrazioni e delle #speranze condivise da tutti. Le sue disavventure, le metafore surreali e il linguaggio inventato continuano a parlarci, a farci sorridere e a ricordarci che, nonostante tutto, si può vivere con pazienza, ironia e dignità. Ridere di Fantozzi significa riconoscersi in lui, accettare le proprie fragilità e, allo stesso tempo, celebrare la straordinaria capacità di affrontare la vita con leggerezza in un mondo spesso incomprensibile.
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