“Perfetti sconosciuti”, la tecnologia specchio dell’anima

 

 

 

Nel 2016, in un’Italia che aveva ormai fatto dello smartphone – custode di messaggi, segreti e piccole ipocrisie quotidiane – un’estensione di sé, Paolo Genovese firma “Perfetti sconosciuti”, una commedia capace di raccontare con ironia e ferocia la fragilità dei rapporti nell’era #digitale. La pellicola mette in scena un esperimento tanto semplice quanto dirompente: e se, una sera, durante una cena tra amici, ci sfidassimo a leggere ad alta voce ogni messaggio e a rispondere in viva voce a ogni telefonata che arriva sul nostro smartphone?
I “perfetti sconosciuti” di Genovese, in realtà, si conoscono da sempre. Condividono anni di amicizia, abitudini, fragilità, eppure scelgono di mettersi ancora una volta alla prova. In una sera d’eclissi di luna, a casa di Eva (Kasia Smutniak) e Rocco (Marco Giallini), un gioco apparentemente innocente ma potenzialmente rivelatore – lasciare che i propri telefoni diventino finestre sull’#anima – si trasforma in un vero e proprio campo minato emotivo. Nel microcosmo di quella cena, Genovese costruisce una radiografia impietosa delle relazioni contemporanee, mentre l’eclissi scandisce il ritmo della serata: come la luna che si oscura, anche le apparenze dei protagonisti vengono gradualmente velate e rivelate insieme. In questo intervallo sospeso tra luce e ombra, ogni personaggio è messo a nudo. I segreti emergono, le menzogne si sgretolano, le certezze cedono.
Vincitore, tra gli altri riconoscimenti, di due David di Donatello (miglior film e migliore sceneggiatura a Paola Mammini) e di tre Nastri d’Argento, “Perfetti sconosciuti” – disponibile su Prime Video – detiene il record di film con più remake al mondo, ben 24. A distanza di anni, resta un ritratto lucidissimo del nostro tempo: un’epoca in cui la tecnologia ci avvicina e ci divide allo stesso tempo, in cui il desiderio di mostrarsi autentici convive con la paura di essere scoperti per ciò che davvero siamo. Forse è proprio questa la sua #verità più scomoda: nessuno di noi è davvero un “perfetto sconosciuto”, ma tutti lo siamo, ciascuno a modo suo.
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