Milano Teatro Out Off dal 3 all’8 ottobre 2017
Regia di Michael Rodgers con Christine Reinhold, Lisa Vampa e Marco S. Bellocchio

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Il premio Nobel della Letteratura Harold Pinter, maestro della parola e del silenzio, scrive un’opera ambigua e forte.

 

Inghilterra, 1970. Un’isolata fattoria sul mare. Una coppia sposata da 20 anni, Kate e Deeley, riceve la visita di una vecchia amica della moglie, Anna, con cui ha vissuto l’intensa ed effervescente Londra degli Anni Cinquanta.

E quei “vecchi tempi”, spensierati, liberi e felici riappaiono: Anna e Kate che si divertivano nei locali alla moda, Anna e Kate che frequentavano le gallerie d’arte e le mostre. Deeley è curioso, subisce prima il loro fascino ma poi è travolto da un dichiarato timore: Anna fa riemergere una lontana intimità con l’amica del cuore, sua moglie, di cui non ha fatto parte.

Così il marito “tradito” cerca la complicità di Anna che a sua volta mescola le carte per avere l’attenzione di Kate e tenerla ancorata alla sua immagine del passato. Si susseguono racconti nebbiosi, omissivi e reticenti. Chi dice la verità? Chi mente e a chi? E’ tutto un sogno? Questi personaggi sono aspetti di un’unica persona?

Old Times – Vecchi Tempi fu composta da Harold Pinter nel 1970 e portata in scena per la prima volta il 1º giugno 1971 all’Aldwych Theatre di Londra dalla Royal Shakespeare Company. Diretta da Peter Hall, fu interpretata da Colin Blakely, Dorothy Tutin e Vivien Merchant, l’attrice inglese che Pinter sposò nel 1956 e che fu protagonista di molte sue opere teatrali.

La piece viene messa in scena per la prima volta in Italia nel 1973 con il titolo modificato in Tanto tempo fa. Il regista era il grande Luchino Visconti, Umberto Orsini interpretava Deeley, Adriana Asti recitava (nuda) nei panni di Kate e l’iconica Valentina Cortese in quelli di Anna.

Il debutto, al Teatro Argentina di Roma, fu un successo, ma il testo e l’autore erano stati misinterpretati.  Così Harold Pinter tolse a Visconti i diritti di rappresentazione adducendo come motivo il fatto che non era stata adottata la traduzione da lui indicata.

Vecchi Tempi tornò in scena trent’anni dopo, nel 2004, ancora una volta con protagonista Umberto Orsini. E quella volta le cose andarono diversamente. Con l’ironia british che sempre lo contraddistinse, Pinter disse al regista Roberto Andò: “Non vedo l’ora di venire a Milano per vedere Vecchi tempi. In fondo è la prima volta che va in scena in Italia, a parte il testo omonimo di Visconti”

Prodotto da Teatro Primo Studio – Film Beyond con la regia di Michael Rodgers,  “Old Times” – “Vecchi Tempi” ha debuttato al Teatro Out Off di Milano nell’Ottobre 2016 ed è tornato in scena a Roma, al Teatro dei Conciatori nel Maggio 2017.

Credits

Traduzione: Alessandra Serra

Durata: 75 minuti

Produzione: Teatro Primo Studio – Film Beyond

Regia: Michael Rodgers

Interpreti: Christine Reinhold (Kate), Lisa Vampa (Anna), Marco S. Bellocchio (Deeley)

Creative consultant: Robert Castle

Scenografia: Mauro Radaelli

Light design: Claudio De Pace

Musica originale: ‘Lui e Lei’ di Piero Umiliani

Assistenza alla regia: Giampiero Pitinzano

Scene: Ferrante Aporti

Illustratore: Roberto Ronchi

Grafica: Veronica Wolff

Costumi: Verdelilla, Torino – Maurizio Baldassari – Brera

“A volte ci si ricorda di cose anche se non sono mai accadute. Io ricordo cose che magari non sono mai accadute, ma proprio perché le ricordo diventano reali”

Note di Regia

Una coppia sposata riceve la visita di una vecchia amica della moglie, una sera in Inghilterra. Tre persone, che durante il corso della serata parlano e interagiscono tra di loro in un’isolata fattoria adibita a residenza di campagna, lontani dagli scorci di Londra, della Sicilia, della Cina e della rivoluzione culturale. E’ una storia semplice, dove in realtà non succede nulla. Ma si tratta di Harold Pinter, il maestro del non-detto, del silenzio, della pausa. L’ambivalenza di ogni possibile interpretazione della definizione, la violenza in potenza, la minaccia degli intrusi, l’arte della guerra portata avanti tramite le parole, il bisogno mai sopito di esercitare il proprio potere su qualcuno, l’interesse per gli eventi passati: tutto questo è maestosamente incastonato all’interno di una strana e distorta civiltà che induce a porsi delle domande senza aver mai la possibilità di trovare delle risposte.

Le domande sono l’aspetto che più mi interessa della pièce. Fin dal principio di quest’opera teatrale (e anche di tutti gli altri lavori di Pinter) ci troviamo davanti a una situazione che esige la nostra partecipazione.

Pinter non ci lascia mai ‘al di fuori’ dell’opera: ci assilla e ci costringe a farci delle domande tramite i suoi personaggi, che riflettono le questioni non risolte nella nostra vita.

Se il passato per te non esiste nello stesso modo in cui lo vedo io, vuol dire forse che non esiste? E che importanza ha questo in relazione agli eventi della mia vita? Le domande sono infinite. Le risposte evasive e mutevoli. Pinter stesso, quando qualcuno gli domandò il significato che si celava dietro ‘Vecchi Tempi’, fu evasivo tanto quanto l’opera stessa: ‘Succede…tutto…succede’”.

Ovviamente, da regista, a un certo punto bisogna fare delle scelte e ciò diventa particolarmente difficile sapendo che la moltitudine delle ambiguità di significato è quello che Pinter voleva ottenere. Tale è stato e rimarrà il mio obiettivo nel percorso registico.

Mentre lavoravo a questʼopera ho incontrato un vecchio amico che non vedevo da più di dieci anni, il quale si è sfacciatamente invitato a cena a casa mia, con la scusa di aggiornarsi e ovviamente per chiacchierare dei “vecchi tempi”. Mi è stato da subito chiaro che il suo modo di rapportarsi con me era basato su una versione più giovane e passata di me stesso, che gli permetteva di mantenere una posizione di superiorità. Questo mi spaventava ma nonostante ciò, ad un certo punto della serata, gli ho posto una domanda che ha messo a nudo qualcosa che a nessun costo avrebbe voluto ammettere riguardo a una sua ex fidanzata.

 

‘Lei è la mia famiglia’, ha detto con compiacimento, ‘proprio come te!…La mia famiglia!’

‘Io non sono la tua famiglia e nemmeno lei lo è’, ho risposto. ‘Siamo semplicemente tutti amici…’

I suoi occhi mi hanno trapassato con uno sguardo dʼodio.

E soppesando attentamente la sua risposta, sbeffeggiandomi mi ha detto: ‘E quando è che saresti cresciuto TU?’

Lʼho guardato con empatia genuina e sì, anche con un pizzico di compassione. ‘Molto tempo fa, amico mio’

Non lʼho visto mai più

PRESS

“… tra i tre si innesca un gioco al massacro, si risvegliano rancori sopiti che, secondo la migliore tecnica pinteriana, lasciano sul corpo ferite metaforiche ma non meno profonde. Sulle leggere note di “Lui e Lei” di Piero Umiliani”

Adriana Marmiroli, La Stampa

“… torna il capolavoro pinteriano con la regia dell’americano Michael Rodgers e l’interpretazione di Christine Reinhold, Lisa Vampa e Salvatore Palombi: tutti e tre molto in parte, pinterianamente in parte…”

Fabio Francione, Il Cittadino

“… qui, adesso, Pinter non avrebbe niente da ridire. L’opera è fedele, e Christine Reinhold, Lisa Vampa e Salvatore Palombi recitano con convincente dedizione…”

Paolo A. Paganini, Lo Spettacoliere

” … la più taciturna ed ambigua moglie è sostenuta con introversione da Christine Reinhold, che è abile a cercare di non dare a vedere chi dei due non vuole tradire …”

 Susanna Donatelli, corrieredellospettacolo.net

“… reggono magnificamente il “gioco a triangolo” Lisa Vampa, Marco S. Bellocchio e Christine Reinhold, quest’ultima con il suo inconfondibile accento straniero che aggiunge un pizzico di mistero alla piéce…”

 Daniele Poto, Lazionauta.it

Il Velino, intervista di Ornella Petrucci a Christine Reinhold

Oubliette Magazine, intervista di Irene Gianeselli al regista Michael Rodgers